Venerdì 22/08/2014 - Spiagge di sabbia bianca, ambiente e clima tropicale, florida vegetazione, l'arcipelago meno giapponese tra i territori del Sol Levante
Okinawa, un paradiso dall'anima ferita.
Spiagge di fine sabbia bianca, barriere coralline, mare color smeraldo e vegetazione tropicale ne costituiscono lo scenario da sogno.
L'isola tuttavia ha vissuto nel passato una lunga storia di dominazioni straniere, e una guerra terribile, culminata nel 1945 in una sanguinosa e lunga battaglia, a cui hanno fatto seguito un'infinita occupazione americana e le invasioni dei turisti.
Tutti elementi che hanno provocato effetti devastanti sia nel cuore
degli abitanti che soprattutto nel paesaggio.
Okinawa è la principale delle sessanta isole, molte delle quali disabitate, dell'arcipelago delle Ryukyu.
Yonaguni è la più lontana, e dista meno di 160 chilometri dalle coste di
Taiwan; Okinawa a sua volta è distante da Shanghai, in Cina, quanto da Nagasaki.
Collocata verso il Sud-Est asiatico e vicina alla Cina come al Giappone, Okinawa è, da sempre, un crocevia di civiltà diverse.
Il regno delle Ryukyu, dapprima soggetto alla Cina dei Ming, fu poi sottomesso dai signori di Satsuma, che lo utilizzarono per arricchirsi sfidando apertamente la politica di chiusura degli shogun.
Divenuta prefettura in epoca Mein, durante la seconda guerra mondiale Okinawa fu il principale campo di battaglia in territorio giapponese.
Nella primavera del 1945, per la durata di tre mesi lunghissimi e infernali, l'isola fu teatro di scontri di inaudita violenza e oltre un terzo della popolazione locale perse la vita.
In seguito alla vittoria, gli americani la occuparono militarmente fino al 1972 e ancora oggi, più di 30 mila marines vivono sparsi in oltre 40 basi collocate sui terreni migliori dell'isola.
Risulta così difficile creare aree industriali o ampliare le piantagioni di ananas e canna da zucchero tra le vallate del centro, nella pianura meridionale e persino più a nord dove domina la giungla.
Tra il governo giapponese e quello statunitense sono in corso da anni difficili trattative per la riorganizzazione delle basi militari, rese ancora più complicate anche dai rapporti tesissimi degli abitanti locali nei confronti dei soldati americani dovuti ad alcuni episodi di abusi di cui sono state vittime.
Rispetto al resto del Paese, le Ryukyu sono un universo a parte: lingua, costumi e feste sono totalmente differenti da quelle delle altre regioni del Giappone.
L'artigianato è molto sviluppato e offre tinture multicolori 'bingata', vestiti in tessuto 'bashofu', composto da fibre di banano, coloratissime ceramiche e il famigerato 'awamori', un fortissimo liquore a base di riso.
Incomprensibili cerimonie si svolgono a notte fonda nelle isole sperdute in mezzo all'oceano, e sono spesso proibite agli stranieri.
Nelle Ryukyu, tutte le donne sono considerate regine, e precisamente sacerdotesse.
A Ishigaki, un gigante mezzo Dio e mezzo diavolo ricoperto da lunghe e sottili foglie verdi, il cui doppio volto si nasconde dietro una maschera rossa e nera, scende dalle montagne in una notte di luglio per far visita agli abitanti dell'isola.
E nei boschi dell'isola di Iriomote, si aggirerebbe ancora l'ultimo gatto selvatico esistente al mondo della specie Iriomote-Yamaneko, scoperto nel 1965.
Le Ryukyu insomma non sembrano trovarsi solo ai margini del Giappone, ma addirittura 'in capo al mondo'.